sabato 2 luglio 2011

Ho visto la strage delle ardeatine - Pagina 11 (11 dicembre 1995) - Corriere della Sera


VALENTINO MARSILI, 83 ANNI, OGGI VIVE A BUENOS AIRES: LA SERA DEL 24 MARZO ' 44 SEGUI' KAPPLER. " SCARICAVANO GLI OSTAGGI 5 O 6 PER VOLTA "

" Ho visto la strage alle Ardeatine "

Parla un ex carabiniere: torno in Italia e racconto quello che so su Priebke " Quando capii cosa era successo informai i superiori Scrissi anche tre rapporti, ma non so dove siano Ho paura a parlare , potrebbe succedermi qualcosa Dopo una intervista in tv ho ricevuto molte minacce Non sono tranquillo, potrei anche essere rapito Comunque adesso scrivo tutto, voglio essere preciso " Tenente dell' Arma a Roma viene ancora ricordato da tutti come una primula rossa Faceva parte della banda Caruso " Quella notte raggiunsi le grotte con una bici So che i miei ricordi verranno rivoltati e visti con sospetto "

------------------------- PUBBLICATO ------------------------------ Valentino Marsili, 83 anni, oggi vive a Buenos Aires: la sera del 24 marzo ' 44 segui' Kappler. "Scaricavano gli ostaggi 5 o 6 per volta" TITOLO: "Ho visto la strage alle Ardeatine" Parla un ex carabiniere: torno in Italia e racconto quello che so su Priebke "Quando capii cosa era successo informai i superiori Scrissi anche tre rapporti, ma non so dove siano Ho paura a parlare, potrebbe succedermi qualcosa Dopo una intervista in tv ho ricevuto molte minacce Non sono tranquillo, potrei anche essere rapito Comunque adesso scrivo tutto, voglio essere preciso" Tenente dell' Arma a Roma viene ancora ricordato da tutti come una primula rossa Faceva parte della banda Caruso "Quella notte raggiunsi le grotte con una bici So che i miei ricordi verranno rivoltati e visti con sospetto" - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - di MAURIZIO CHIERICI BUENOS AIRES . Qualcuno guardava Kappler e Priebke al lavoro davanti alle Fosse Ardeatine, 51 anni fa. Non indossava la divisa del terzo Reich. Nessuno sapeva della sua presenza. Guardava, vestito da prete. E tremava. Racconta di "aver faticato a tenere gli occhi aperti". Non solo l' angoscia, anche la paura di dover poi vivere col ricordo. Quella notte, quelle ore sono diventate un' "informazione" subito passata a superiori "alla macchia come me". Rapporto con dettagli. Adesso batte a macchina gli appunti per ricostruire cio' che ha visto e voleva dimenticare. Ha deciso: il 10 gennaio tornera' in Italia, sicuro che "il giudice vorra' ascoltarmi". Disegna una strana mappa di Roma. Percorso zig zag verso le Ardeatine. Su una vecchia bici. Dribblava gli sbarramenti SS in una citta' livida, tagliata da posti di blocco mai cosi' blindati. Ripete: "Ho inoltrato il rapporto subito dopo il massacro". E passato mezzo secolo ma non si libera del linguaggio di ufficiale dei carabinieri in pensione. Valentino Marsili ha 83 anni. Li porta a spasso come e' impossibile immaginare. Elegante; ironia bonaria di una certa Roma, citta' dove e' nato. "Mi hanno battezzato in piazza del Popolo". Mantiene le abitudini di chi psicologicamente non va mai in pensione. Esce di casa al mattino e torna che e' notte dopo gli impegni infiniti di un signore con qualche affare e cariche nelle associazioni della nostalgia emigrante. Abita un piccolo appartamento. L' ha comprato qualche tempo fa quando ha chiuso la fabbrica di biscotti ai quali ha dedicato parte della sua seconda vita. I suoi racconti affiorano dopo tanto silenzio. Storia ormai codificata che in qualche modo si prepara, oggi, a sfumare con particolari diversi. Suscitando dubbi, sollecitando curiosita' . Gli increduli ripetono: possibile? Come mai il rapporto e' sparito? E chi lo ha fatto sparire, cosa voleva nascondere? "Ne ho scritti tre", risponde sconsolato. "Dove siano finiti non lo so". Perche' ha taciuto mentre altri ricostruivano il massacro su documenti e processi? Adesso, cos' ha da dire? Solo adesso... A qualcuno aveva rivelato il segreto. Un amico che sempre lo accompagna aggrappato al cellulare, ripete: "Lo sapevo solo io". Poi, una sera . 3 settimane fa . Marsili si e' aperto a un compagno di tavola. Un minuto prima non conosceva il signore seduto al fianco. Ma qualcosa si e' sciolto nel sentirne il nome: Fabio Della Seta. "Che sia uno di quelli...", deve aver pensato. Quelli che aveva aiutato a scappare da casa Marinelli, negozio di tessuti in via De Petris, angolo Viminale. Nascondevano amici ebrei. Una soffiata stava per tradirli. "Ma qualcuno vi ha informati di cambiar posto". "E vero", gli risponde Della Seta. E si meraviglia. "Come sa queste cose?". Marsili sorride: "Ne so di cose...". Guerra di un tenente dei carabinieri senza divisa per non dovere obbedienza ai nazisti. Guastatore urbano della "banda Caruso", il generale Caruso, comandante di un gruppo di resistenza. I carabinieri di Roma ricordano ancora Marsili come primula rossa perduta nel tempo. Nel piccolo ingresso della casa di Buenos Aires, Marsili, con timidezza, indica una cornice che raccoglie nastrini e medaglie. Medaglia di bronzo nei Balcani. Croce al valor militare alla quale il comando dei carabinieri lo destina poco dopo la liberazione di Roma: giugno ' 44 "per i rischi brillantemente affrontati nei lunghi e duri mesi della disperata lotta contro l' oppressore". Allarga la mano verso un' altra croce: commendatore del re. "Sono monarchico...". Quella sera, al tavolo con Della Seta, mentre Priebke stava per volare in Italia, Marsili ha pensato che valeva la pena ricordare. La prima vita tornava a raggiungerlo. E riuniva 3 protagonisti in una citta' lontana 11 mila chilometri dal processo di Roma. Si confida con Fabio Della Seta. Storia di terribili doppigiochi. Storia che arriva alle Ardeatine. Poi la tv. Il caso Priebke accende curiosita' sepolte. Marsili e il dottor Manfredo Cordero di Montezemolo spiegano agli argentini cos' ha fatto il capitano SS. Marsili fa parte dell' Anpi, partigiani all' estero, vice presidente degli ex combattenti. Montezemolo cura la sua azienda agricola da 40 anni. Figlio del colonnello Giuseppe di Montezemolo che rappresentava in Roma citta' aperta il governo del Sud: re e Badoglio. Naturalmente senza divisa, nascosto con documenti falsi. Torturato in via Tasso, regno di Kappler dove Priebke era di casa. Fucilato alle Ardeatine, con Priebke che sparava e teneva conto dei morti. Il figlio si e' salvato scivolando fra le trappole che traversava quale portaordini della Resistenza organizzata dal padre. Il tempo sembra cancellare i ricordi. Ma 51 anni dopo le 3 storie si intrecciano nel labirinto della citta' di Borges. Al centro ancora Marsili. Ecco cosa sta per raccontare. Nella prima telefonata (da Milano, a Buenos Aires) la sua voce e' contenta. "Venga: raccontero' tutto". Gli chiedo se conserva vecchie foto. Quasi si arrabbia: "Non ho avuto il coraggio di scattare foto. Come era possibile? L' angoscia. Riuscivo a malapena a tenere gli occhi aperti. Dalla parte dove guardavo, vedevo scaricare gli ostaggi, 5 o 6 per volta, legati con le mani dietro". . Cosa vuol dire "dalla parte dove guardavo"? "Con un disegno le mostrero' come sono riuscito a spiare il massacro". . Quanto lontano dall' ingresso delle grotte? "Piu' o meno, 200 metri". . Ha riconosciuto qualcuno? "Forse Kappler, non ne sono sicuro. La luce era poca. Priebke doveva far parte del gruppo degli ufficiali incaricati di sparare dentro. Ma in quel momento non pensavo alle loro facce. Cercavo di capire le facce di chi stava per morire...". La cortesia di Marsili si interrompe: "Non mi piace parlare al telefono. Venga. Ricostruiro' con precisione cosa ho visto". La voce cambia nella seconda telefonata, ultimi accordi per l' appuntamento. Quasi spaventato. "Meglio rimandare quando vengo a Roma". Una settimana fa diceva il contrario... "E successo che mi hanno intervistato in Tv, Canale 2. Assieme al dottor Montezemolo. Non sulle cose viste alle Ardeatine: non lo sanno. Sui delitti dei tedeschi a Roma. E ho raccontato. Subito telefonate di minaccia. Non mi sento tranquillo. Ho parlato con l' avvocato. Per carita' , non mi tiro indietro, ma non ho voglia di morire in modo stupido. Vado qualche giorno in Uruguay. Ci vediamo a Roma, dopo Natale". Invece passano 8 giorni e l' incontro nella hall del suo piccolo residence. Marsili resta gentile. Sembra contento. Mi porta in casa a mostrare le medaglie. E ricomincia a ricordare. Di quando la Polizia dell' Africa Italiana ha occupato il comando dei carabinieri al quale apparteneva, via Milano, angolo Viminale. Se ne va un momento prima. E poi vita da clandestino. Dormire nei sottoscala. Ricevere ordini da messaggeri dei quali doveva fidarsi ma anche dubitare. "Per tirare avanti eravamo obbligati a disidentificarci". Cancellarsi, insomma. Ma non era solo. Il triangolo di nomi, base di sicurezza di ogni guerriglia urbana, comprendeva 2 amici: Nicola Ruffolo, diventera' notaio. Ha un fratello che Marsili ricorda piccolo: Giorgio. "Diventera' ministro...". L' altro compagno della guerra clandestina e' Cesare Giudici. Futuro generale. Marsili conserva un libro di Ruffolo. Nella prima pagina l' autografo di una poesia "privata". "Ricorda quando abbiamo tagliato i cavi dell' ambasciata tedesca". . Come ha saputo che il posto scelto da Kappler per il massacro erano le grotte Ardeatine? Lo ha deciso poche ore prima. "Eravamo informati di movimenti. Aria di rappresaglia. Appelli a Regina Coeli, liste di proscrizione in via Tasso. Non potevamo controllare e capire fino alle 6 del mattino: c' era il coprifuoco. Poi mi sono messo in marcia con abito talare". . Era il solo dei tre amici a vestirsi da prete? Marsili ride: "La misura della tonaca andava bene solo a me". Gli storici spiegano com' era difficile imboccare la via Appia, superare il bivio della cappella Quo Vadis. Ogni passaggio bloccato da SS. Don Libero Raganella, prete a San Lorenzo, aveva cercato di seguire in bici le colonne che vedeva passare nel pomeriggio. Faceva parte della Resistenza. Ma all' altezza di Quo Vadis i tedeschi lo hanno fermato. Colpi di mitraglia in lontanza. Raganella insiste. Due SS lo spingono col fucile. Un sottufficiale sa qualche parola di italiano. "Se ne vada, padre. Oggi e' una brutta giornata". E don Raganella se ne va. Da lontano (quasi un chilometro) da' l' assoluzione ai morti che immagina distesi davanti a quei colpi. Lei, Marsili, come ha fatto a passare? Per la prima volta perde la calma. Diventa triste. "Mi avevano avvertito: chi te lo fa fare? Gli amici hanno sempre ragione. "Vedrai, ti tortureranno con domande alle quali non saprai forse rispondere". Cominciano. Conosco solo una piccola parte del dramma Ardeatine: quella che ho vissuto. I miei ricordi verranno rivoltati, analizzati con sospetto. Mi guarderanno come mitomane o vecchio dalla memoria confusa. Sto cambiando idea: quasi mi do malato. Non vado da nessuna parte. Non dico niente". Gli occhi bassi sul tavolo. Guarda, senza vedere, registratori e telecamere accese. Ma e' solo un momento. Racconta di aver telefonato ad Andrea, figlio di Ruffolo: l' amico e' morto 2 anni fa. Aveva bisogno di qualche informazione. Per esempio: quando hanno arrestato e portato in via Tasso papa' ? Quella via Tasso dove anche il terzo fratello Ruffolo e' stato seviziato per settimane. Marsili continua a scrivere. Apre la borsa: c' e' un pacco di fogli. "Voglio essere preciso. Sono sempre stato preciso". . Come spiega che il suo rapporto sulle Ardeatine non sia arrivato? Nessun storico ne ha trovato traccia. Ecco, sembra dire il suo gesto. Ci siamo. "Dimentica che giorni erano. Il caos dopo via Rasella. Poi il gelo delle Ardeatine. Ma da qualche parte i miei rapporti ci sono. Stia tranquillo: raccontero' tutto cio' che so". Cosa potra' dire di nuovo? "Non voglio anticiparlo. Magari niente di nuovo. Solo il diario della mia giornata. Vorrei farle capire l' improvvisa inquietudine. Perche' il discorso quella sera, al tavolo di un ristorante, mi sta cambiando la vita. Non dormo. Mi guardo attorno. Adesso raccolgo le carte, preciso con cura le cose, e poi vengo in Italia ad aspettare la conclusione del processo. Una volta che Priebke sara' condannato non mi trovero' , ormai, in pericolo. La sentenza avra' chiuso per sempre il caso". . Di cosa ha paura? "Dei rapimenti. So cosa vuol dire...". . Una volta l' hanno rapito? In Argentina? "Lasciamo stare". . Ancora una domanda: perche' ha taciuto tanti anni? Perche' con croci e medaglie, nel ' 48 ha lasciato l' Arma e se ne e' andato dall' Italia? "Sono venuto in Argentina perche' avevo paura di Baffone: Stalin, i comunisti. All' Arma non ho chiesto niente e dall' Arma non ho avuto niente". Risposta debole. Forse Marsili copre un angolo privato della vita, e ne ha diritto. Oppure cosa? E di che aver paura nell' Argentina ormai libera dai militari dalla faccia sporca, pochi fantasmi nazisti che sopravvivono sotto le Ande e le ombre degli uomini di Gelli in apparenza svanite? Resta il lungo silenzio... "Pareva una storia risolta e dimenticata. E l' Argentina era cosi' lontana fisicamente dal mio passato da farmi sembrare inutile rivangare avvenimenti ormai definiti. Gli aerei stringono il mondo ma con le navi era un viaggio che non finiva mai. Solo adesso, che Priebke e' riapparso un po' di chilometri dalla mia casa, mi e' venuto in mente di parlare".
Chierici Maurizio

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